Il mio infarto: il ritorno a casa
Quando sono tornato a casa dopo l’infarto ero convinto di averla presa con filosofia. Per spiegare come vivevo la situazione, la prima sera ho fatto subito sesso. In quel momento ho pensato davvero di morire: con anticoagulanti e fluidificanti nel sangue, mi sembrava potesse “scoppiare” tutto. Ho contratto ogni muscolo.
Sono cattolico, ho paura di morire per quello che si dice potrei trovare dopo. Ma ho anche capito che i miei peccati sono i miei, e difficilmente, anche confessandomi, smetterei di ripeterli. Quindi mi sono detto: “Non è oggi o domani il problema. Arriverei sempre con gli stessi pesi alla morte. La mia vita è stata bella a sufficienza: se il futuro fosse peggiorativo, potrei anche accettare che finisca.”
I medici mi avevano ordinato di cominciare piano: 50 metri al giorno per i primi 10-15 giorni, poi aumentare settimana per settimana. Dopo un mese, anche qualche piano di scale. Mi sentivo distrutto: facevo fatica a tutto, anche al sesso, ma almeno quella cosa buona non volevo perderla.
Non ebbi una conversione religiosa, ma smisi tante abitudini:
-
niente alcolici, caffè, tè,
-
niente zuccheri e pasta (solo dolcificanti come stevia ed eritritolo),
-
diventai vegetariano al 90%.
Non fu una scelta obbligata, andava bene così. Cominciai a studiare l’infarto, cosa comportava, e ascoltare chi l’aveva già avuto. Seguii guru su internet che spiegano cosa mangiare: sinceramente parlano a chi ha 30 anni, ma a quell’età mangiavo di tutto e stavo bene. Il problema arriva dopo i 50. Così passai ad ascoltare esperti veri, medici, ma capii che non c’è nessuna sicurezza assoluta: molte cose sull’alimentazione sono ancora poco chiare, e intanto i miei genitori, a 80 anni, stavano meglio di me… ma questa è un’altra storia.
Mi impegnai a capire i farmaci che prendevo, soprattutto le statine, perché mi davano problemi: dolori alle giunture, ai muscoli, debolezza. Ero convinto che peggiorasse. Ho visto amici camminare male dopo ricoveri, ero sicuro fossero sempre le statine.
Dopo 6 mesi smisi tutti i medicinali. Forse sarei morto? Lo avrei accettato. Ma non volevo accettare il decadimento che i farmaci mi stavano dando. Continuai con la dieta e sembrava andare tutto bene, ma non sapevo dei trombi che si erano generati durante l’infarto…
⚠️ Attenzione
Questa è la mia esperienza personale. Non sono un medico. Ogni persona può avere sintomi, cure e tempi diversi. Non smettete mai i farmaci senza parlarne con il vostro medico. In caso di sintomi sospetti, chiamate subito il 118 o andate in pronto soccorso.
Cosa sono le statine
Le statine sono farmaci che abbassano il colesterolo cattivo (LDL) nel sangue. Servono a ridurre il rischio che le arterie si chiudano di nuovo.
Molti le prendono per tutta la vita dopo un infarto.
Io però ho avuto effetti collaterali: dolori alle articolazioni, debolezza ai muscoli, fatica a camminare. Per questo ho cominciato a dubitare se fossero davvero giuste per me.
Dopo sei mesi ho deciso di smettere da solo, anche se i medici non lo consigliano. Forse ho rischiato, ma non volevo accettare il decadimento fisico che mi stavano dando.
⚠️ Attenzione
Questa è solo la mia esperienza. Le statine sono farmaci importanti: non smettetele mai senza consultare il vostro medico.
Cosa sono i trombi nel sangue
Un trombo è un grumo di sangue che si forma quando il sangue diventa troppo denso o quando la vena si danneggia. È come se il sangue facesse un tappo dentro al tubo.
Il problema è che questo tappo può:
-
bloccare il passaggio del sangue in una vena importante;
-
staccarsi e viaggiare verso organi vitali, come cuore, polmoni o cervello.
Nel mio caso i medici mi hanno dato anticoagulanti e fluidificanti per ridurre il rischio. Sono farmaci che rendono il sangue più “scorrevole”.
Il pericolo è che un trombo, se non curato, può provocare un altro infarto o un ictus.
⚠️ Attenzione
Io racconto la mia esperienza. Non sospendere mai farmaci anticoagulanti senza parlarne con i medici.
Come ho affrontato il rientro a casa dopo l’infarto: paure, recupero lento, cambiamenti nello stile di vita e rapporto difficile con i farmaci.